L’Italia può ripartire dal mare
In una stagione politica italiana incredibilmente burrascosa, metafora quanto mai calzante, con vicissitudini che dalla pandemia Covid-19, leitmotiv che ci accompagna nostro malgrado da 12 mesi, ha visto l’agenda setting spostarsi contemporaneamente su una crisi di governo scongiurabile, ma allo stesso tempo annunciata, dalle coste italiane, dal Tirreno all’Adriatico, arrivano venti di idee con lo sguardo rivolto al futuro economico e strutturale dello Stato italiano. Il grido è all’unisono e recita: “Dare priorità all’economia del mare”.
Dopo la burrasca arriva sempre il sereno, l'importante è resistere e farsi trovare pronti
In un periodo così dilaniante, il sereno è rappresentato proprio dal mare. Il mare però è da intendere come comparto economico che esso rappresenta e, insieme a questo, da tutti gli input crescenti dettati dalle imprese portuali e marittime che in questo frangente auspicavano addirittura la composizione di un nuovo ministero, un ministero apposito dedicato esclusivamente a questo settore. Pensandoci non sarebbe stata affatto una utopia: si pensi che il settore portuale o comunque marittimo è uno dei principali ganci dell’economia italiana, capace di tenere botta anche ad un 2020 distruttivo. Naufragata, almeno momentaneamente, l’ipotesi do formare il suddetto ministero, bisogna che non ci si lasci sfuggire l’occasione dettata dal Recovery Plan. I progetti dell’economia del mare, dal settore portuale fino a giungere a quello logistico, passando per quello marittimo, vanno dunque necessariamente messi in funzione del Next Generation EU.
Il mare come ancora di salvezza.
Bisogna dunque che il settore marittimo venga posto in una posizione di assoluta centralità nel dibattito sugli interventi prioritari di cui il Paese ha bisogno. Le scelte infrastrutturali, la riforma della governance portuale e una digitalizzazione che sia in grado una volta per tutte di contenere l’impatto negativo della burocrazia sull’efficienza del settore portuale: sono queste le macro-aree su cui pone l’accento il vento del mare, un vento che, proprio in questo periodo, non ha nessuna intenzione di cessare, anzi, continua a soffiare più forte che mai facendo anche da traino all’economia di un Paese a pezzi a causa dell’emergenza pandemica.