L’export europeo rialza la testa
L’export è ripartito: dopo il periodo di blocco e ristagno dovuto alla pandemia (ancora in corso), il settore dell’internazionalizzazione pare aver ripreso a galoppare.
La grande novità in questo senso è rappresentata dall’Europa: le ultime stime di Sace – come riportato anche da Economy Magazine de Il Sole 24 Ore – parlano di un balzo per i beni di oltre l’11% nel 2021 a 482 miliardi, che equivale a un pieno ritorno ai livelli pre-pandemia fin da quest’anno; i servizi si fermano a un +5%.
A far sorridere è però anche la prospettiva di sviluppo: +5,4% nel 2022, e una crescita del 4% in media nel biennio successivo, a un ritmo superiore di quasi un punto percentuale al tasso medio pre-crisi (+3,1% tra 2012 e 2019), che consentirebbe di raggiungere nel 2024 il valore di 550 miliardi di euro.
Si va verso i tre blocchi internazionali
Quello che sta accadendo non è altro che un processo fortemente accelerato dalla pandemia: ovvero la creazione di tre grandi blocchi dell’export internazionale, quindi Europa, Usa e Cina (o Asia).
A fare la differenza saranno le scelte delle imprese, che dovranno avere il coraggio di investire ed innovarsi per restare competitive sul panorama mondiale; e questo riguarda soprattutto le aziende più colpite proprio dall’emergenza Covid, perché la situazione che va via via delineandosi rappresenta una opportunità gigantesca.
Il mondo globalizzato ha dimostrato di reggere a fatica l’urto di una situazione di emergenza mondiale come quella vissuta; proprio per questa ragione le politiche continentali faranno la differenza per espandere il know-how europeo in tutto il mondo.
Non è un caso che gli investimenti degli Stati Uniti nell’industria passino necessariamente dall’Italia e dalla Germania per i macchinari: l’Europa è più protagonista che mai.
Da cosa è dipesa la crescita dell'Europa?
Sono proprio le tensioni tra Cina e Stati Uniti a giovare all’Europa, così come l’aumento dei costi delle materie prime e della logistica.
Gli USA guardano all’Europa perché la Cina, in virtù proprio dei rapporti, non garantisce stabilità a lungo termine: quando si fa un investimento in un macchinario che dura anni, infatti, si deve pensare anche ai pezzi di ricambio, e c’è la preoccupazione che i tecnici cinesi non possano viaggiare a causa delle restrizioni. Considerato che il cuore dell’export italiano ed europeo è fatto proprio di automazione, di beni intermedi oltre che di farmaceutica, a beneficiarne sarà proprio l’Italia insieme al Vecchio Continente.
La crescita passa insomma da qui, e le opportunità offerte dal PNRR devono essere sfruttate a pieno, in maniera efficiente, efficace e veloce, perché non c’è altro tempo da perdere.
Il mondo dell’export viaggia (di nuovo) velocissimo, ed Italia ed Europa devono farsi trovare pronte.